In sede di stipulazione del contratto di locazione commerciale, la previsione di una clausola che dispone sulla rinuncia preventiva del conduttore al diritto di indennità di avviamento, è da considerarsi nullo.
Infatti, una tale rinuncia viola l’art.79 della Legge 392/1978, secondo il quale «è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge».
Il conduttore, infatti, anche in ambito di locazioni commerciali, è trattato quale parte debole, che, come tale, non può disporre sulla rinuncia di propri diritti.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 22826/2022 del 21 luglio 2022, ha tuttavia precisato e mitigato questi principi.
Per spiegare quanto sostenuto dalla Corte è bene procedere per gradi.
La locazione commerciale
Anzitutto rivediamo la disciplina della locazione commerciale, in confronto a quella della locazione abitativa, di cui abbiamo già parlato in un nostro precedente contributo.
A seguire focalizzeremo l’attenzione proprio sul tema trattato dalla Corte, definendo nello specifico:
- l’indennità di avviamento commerciale;
- il momento in cui sorge il diritto all’indennità di avviamento;
per assumere se vi sia legittimità nella rinuncia dell’indennità di avviamento da parte del conduttore.
Con il contratto di locazione commerciale (o ad uso non abitativo) un soggetto, il locatore, mette a disposizione di un altro soggetto, il conduttore, l’utilizzo di un immobile che sia destinato ad una attività economica (uso commerciale, industriale, turistico), dietro il pagamento di un canone.
Il contratto ha una durata di 6 anni (9 anni per gli immobili ad uso alberghiero) con tacito rinnovo per altri 6 anni (o altri 9 per settore turistico).
Il conduttore, che a lungo svolge l’attività commerciale nell’immobile locato, è tutelato dalla legge in caso di cessazione anticipata del contratto per recesso del locatore, tramite il diritto al riconoscimento di un indennità finalizzata a compensare la perdita dell’avviamento commerciale.
Cos’è l’indennità di avviamento?
È un corrispettivo che, nei contratti ad uso commerciale, il locatore deve al conduttore in caso di cessazione del contratto di locazione commerciale, non applicabile in caso di «risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore», come previsto nell’art.34, c.1, Legge 392/1978.
Il valore dell’avviamento commerciale di un’impresa è determinabile da quanto sostenuto, in termini di conferimenti e investimenti, per avviare di fatto l’azienda, e dall’autorevolezza di elementi:
- oggettivi, come la posizione strategica dell’azienda, i beni strumentali, il portafoglio brevetti;
- soggettivi, ossia l’abilità dell’imprenditore di aver messo in atto un’efficace piano aziendale e di marketing sul territorio, in cui l’azienda svolge la sua attività commerciale, in grado di attirare la clientela e fidelizzarla.
L’impresa che non ha immobili di proprietà ad uso non abitativo andrà a stipulare un contratto di locazione commerciale, acquisendo così dei locali in cui poter svolgere la propria attività, i quali nel tempo diventano il punto di riferimento territoriale dell’impresa per ogni cliente.
Qualora però il locatore decida di recedere dal contratto, il conduttore, ai sensi della legge, è obbligato a lasciare l’immobile, perdendo di fatto il valore dell’avviamento, con il rischio di conseguenti svantaggi in termini di profitto e di perdita di clientela.
A tutela del conduttore interviene la normativa, prevedendo il diritto per il conduttore ad ottenere un’indennità per la perdita dell’avviamento (art.34, c.1, L. 392/1978) allo scopo di compensare le perdite e i costi che l’imprenditore dovrà sostenere per:
- la cessazione anticipata del contratto;
- trovare un altro immobile in cui esercitare la propria attività.
Valore dell’indennità
Il valore attribuito all’indennità è fissato sulla base dell’attività che viene svolta all’interno dell’immobile commerciale oggetto del contratto, sarà quindi di:
- 18 mensilità, in caso di attività commerciale, artigianale o industriale;
- 21 mensilità, in caso di attività alberghiere.
Inoltre, è prevista un’indennità aggiuntiva a favore del conduttore uscente (art.34,c.2, L. 392/1978) dello stesso importo della precedente, qualora:
- l’immobile oggetto del contratto risolto venga utilizzato da un nuovo conduttore per l’esercizio della medesima attività, o affine, rispetto alla classe merceologica, alla precedente;
- la nuova attività abbia inizio nei termini di un anno dalla cessazione del precedente contratto di locazione.
A tal fine per valutare la legittimità del diritto all’indennità di avviamento, è necessaria l’individuazione di alcuni presupposti.
Quando sorge il diritto all’indennità di avviamento?
Anzitutto si deve presupporre la stipula di un contratto di locazione commerciale su un immobile, la cui destinazione di esercizio sia, come già menzionato, industriale, commerciale, artigianale o di interesse turistico.
L’attività commerciale svolta dal conduttore dovrà presentare rapporti diretti con il pubblico di utenti o di consumatori (con accesso libero all’esercizio commerciale).
Inoltre, è essenziale che la risoluzione del contratto avvenga su volontà del locatore, senza che vi sia un grave inadempimento del conduttore.
È bene sottolineare che, in base alla legge, il diritto all’indennità di avviamento compete al conduttore automaticamente in seguito alla risoluzione del contratto, indipendentemente dall’entità del danno subito.
Non è dunque necessario che vi sia stata effettivamente una perdita dell’avviamento commerciale, così come non è imprescindibile dare prova che il conduttore abbia subito un danno dalla cessazione del contratto.
Diversamente è opportuno comprovare che l’immobile locato sia stato destinato davvero alle attività previste dalla legge.
Qualora il locatore non paga o offre di pagare l’indennità dovuta al conduttore, si applica il cosiddetto “diritto di ritenzione”.
Indennità di avviamento e rilascio dell’immobile
Il rilascio dell’immobile è condizionato dall’effettivo versamento al conduttore dell’indennità di avviamento da parte del locatore, come previsto nell’art.34 ,c.3, L. 392/1978.
Pertanto, qualora il locatore sia in ritardo o non adempia al pagamento dell’indennità di avviamento a favore del conduttore, questo può usufruire del diritto di ritenzione che gli consente di prolungare la sua permanenza nell’immobile, continuando tuttavia a versare i canoni previsti dal contratto.
Quanto detto sinora in termini teorici, lo riportiamo ad un caso pratico (ordinanza n. 22826/2022 della Corte di Cassazione) con un interrogativo: dato il ruolo dell’indennità di avviamento, è da considerarsi valida la volontà del conduttore ad una sua rinuncia preventiva?
Il fatto giurisprudenziale: decisione della Corte di Cassazione
In seguito alla cessazione del contratto di locazione commerciale tra la società Alfa (locatore ) e la società Beta (conduttore ) per disdetta del locatore, il conduttore ricorre al giudice di merito e chiede che si accerti il proprio diritto all’indennità di avviamento, come previsto dalla legge, pari all’importo dovuto per 18 mensilità di canone.
Il locatore respinge i motivi del conduttore, richiedendo al giudice di accertare che nulla fosse dovuto al conduttore in termini di indennità di avviamento, e il risarcimento dei danni per mancata riconsegna dell’immobile.
Il procedimento arriva sino alla Corte di Cassazione.
Viene affrontato dalla Corte un problema interpretativo, dato dall’art.5 del contratto di locazione commerciale stipulato da Alfa e Beta, che si riporta:
«qualora al momento della cessazione del presente contratto – per qualunque causa ciò avvenga – la legge in vigore lo ritenesse valido, il conduttore rinuncia per allora a qualsiasi indennità, in quanto ciò si è tenuto conto nella determinazione del canone di locazione».
Ciò avviene in termini sia di individuazione dell’indennità sia di legittimità della rinuncia.
Orientamento della Corte
La Corte ha dunque valutato se detta clausola possa contraddire il suddetto art.79 della L. 392/1978, per come interpretato da consolidati orientamenti giurisprudenziali.
Nella controversia in esame l’accordo tra le parti di rinuncia all’indennità sarebbe avvenuto in sede di stipula del contratto, per cui secondo l’interpretazione dell’art.79, detta clausola di rinuncia preventiva è da ritenersi nulla e quindi illegittima.
La Corte però richiama un orientamento opposto, in cui la rinuncia all’indennità è qualificabile come legittima (secondo il cosiddetto “corrispettivo sinallagmatico”), qualora le parti si accordino sulla diminuzione del canone, rispetto a quello concordato in origine, in cambio invero della rinuncia del conduttore all’indennità.
L’orientamento della Corte ha quindi riconosciuto che non è escluso che le parti possano accordarsi anche sull’eventuale rinuncia del conduttore all’indennità per la perdita dell’avviamento, purché appunto ciò avvenga a titolo di corrispettivo di altra concessione del locatore, come una riduzione del canone.
La Corte, in questo modo, supera l’ormai anacronistica qualificazione giuridica del conduttore di immobile locato ad uso commerciale quale parte debole del contratto, che, come tale, potrà validamente disporre anche della rinuncia all’indennità dovutagli per legge.
In conclusione, è illegittima la rinuncia all’avviamento imposta al conduttore in contratto, salvo che questa trovi ragione in una rinuncia corrispettiva del locatore, come quella finalizzata alla diminuzione del canone di locazione, in equilibrio sinallagmatico tra le parti del contratto che la Cassazione pone ora sullo stesso piano di forza contrattuale.
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