In che modo sia ottiene la cessazione del contratto di agenzia? E a quali condizioni per le parti?
Il contratto di agenzia può concludersi per recesso, di una delle parti o consensuale, oppure può essere soggetto a cessazione “forzosa”, mediante dichiarazione di risoluzione di una parte, per il grave inadempimento dell’altra o al verificarsi di una predeterminata situazione.
Nel nostro precedente contributo abbiamo presentato i presupposti per la formalizzazione del contratto di agenzia, in questa sede invece intendiamo focalizzare l’attenzione sulle modalità e le condizioni di cessazione del contratto.
Vediamo dunque quali sono di fatto le ragioni che possono giustificare la cessazione del contratto di agenzia, che per semplicità andremo a differenziare tra recesso e risoluzione.
Il recesso dal contratto di agenzia
Come menzionato nel precedente articolo in materia, il contratto di agenzia tra agente e proponente può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato.
In linea generale un contratto di agenzia a tempo indeterminato può cessare per recesso unilaterale di una delle parti, nel rispetto del termine di preavviso pattuito dalle parti o indicato dall’AEC di riferimento.
Invece nel contratto di agenzia a tempo determinato le parti, di norma, salvo diversa pattuizione in favore dell’agente, non possono recedere prima della scadenza prevista dal contratto.
Il recesso è un diritto di entrambe le parti, disposto:
- dalla legge,
- dagli Accordi Economici Collettivi
- o anche da una clausola contrattuale,
i cui effetti dipendono dalla dichiarazione di volontà della parte che intende recedere e dal ricevimento della comunicazione di tale intento al destinatario («atto unilaterale recettizio»).
Come detto, occorre rispettare il periodo di preavviso, che inizia a decorrere nel momento in cui l’altra parte viene a conoscenza che la parte recedente intende cessare il contratto di agenzia; infatti, secondo l’art. 1750, c.2, del codice civile:
«se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all’altra entro un termine stabilito».
Il periodo di preavviso
Durante questo periodo di tempo il rapporto di agenzia rimane “attivo” e continua a produrre i suoi effetti: infatti le parti devono proseguire nell’adempimento dei rispettivi obblighi, con salvezza di tutti i loro diritti.
Pertanto, l’agente deve continuare a svolgere la propria prestazione di promozione nell’interesse del proponente, secondo correttezza e diligenza, ed altrettanto il proponente ad assolvere ai propri obblighi contrattuali.
Qualora durante il periodo di preavviso una delle parti non agisca secondo lealtà e buona fede, o non adempia correttamente ai propri obblighi, l’altra parte può scegliere di cessare in tronco il contratto di agenzia, senza di fatto aspettare la fine del periodo di preavviso.
Per il calcolo del termine minimo di preavviso si fa riferimento in linea generale alla disciplina del codice civile, per la quale tale termine non deve essere
«inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato […]» (art. 1750, c.3, c.c.), e così via.
Inoltre, in base agli Accordi Economici Collettivi (industria e commercio) la quantificazione del periodo di preavviso è stata rimodulata tenendo conto, oltre che della durata del contratto, anche della differente categoria di agente, plurimandatario o monomandatario.
Di fatto, l’AEC è applicabile solamente se quanto previsto nella disciplina collettiva risulti essere più vantaggioso per l’agente rispetto a quanto eventualmente pattuito in contratto.
In mancanza del rispetto del preavviso, sarà dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso, di fatto determinata in maniera da compensare la perdita di provvigioni (per l’agente) o di fatturato (per il proponente) per il medesimo periodo.
La risoluzione del contratto di agenzia
È una modalità di recesso/cessazione del contratto conseguente ad un comportamento inadempiente di una parte o legata al verificarsi una specifica situazione prevista a priori dalle parti in contratto.
La risoluzione, in sostanza, è determinata da:
- un comportamento inadempiente di una delle parti (art.1453 c.c.);
- una specifica “anomalia” – situazione sorta in corso di contratto, ma prevista a priori dalle parti (si parla in questi termini anche di “patologia contrattuale”).
La risoluzione può essere ottenuta di diritto, operando quindi in modo automatico:
- nel caso in cui una parte chieda all’altra di adempiere al contratto tramite una lettera di diffida-messa in mora (art.1454 c.c.),
- o qualora il contratto stesso preveda una clausola risolutiva espressa (art.1456 c.c.).
Oppure la risoluzione può essere conseguita, in caso di inadempimento del contratto di una delle parti, mediante pronuncia giudiziale – risoluzione giudiziale – che stabilisce i termini della risoluzione e del risarcimento dei danni.
Dunque, di fatto, ambo le parti possono risolvere il contratto di agenzia, qualora sussista a carico dell’altra parte un’inadempienza così grave da implicare la cessazione immediata (recesso in tronco per “giusta causa”) del rapporto contrattuale, tale da non permettere la prosecuzione del contratto neanche provvisoriamente.
Ma quali sono le ipotesi di recesso per giusta causa dell’agente?
Recesso per “giusta causa” dell’agente
L’agente può risolvere il contratto quando il proponente, ad esempio:
- agisce violando i doveri di «lealtà e buona fede» (art.1749 c.c.), così come l’obbligo di esclusiva;
- si rifiuta, senza alcuna ragione coerente, di concludere i contratti e/o affari proposti dall’agente;
- non provvede a pagare le provvigioni dovute.
La valutazione della gravità dell’inadempimento, che determina il recesso per giusta causa o meno, spetta al giudice, ma può essere aggirata se nel contatto di agenzia si inserisce la cosiddetta «clausola risolutiva espressa», di cui diremo nel seguito.
Dal recesso per giusta causa seguono alcune conseguenze per il proponente, di cui parleremo in un prossimo articolo.
Ma anche il proponente può recedere immediatamente e senza preavviso dal contratto per gravi motivi imputabili all’agente.
Recesso per “giusta causa” del proponente
Il proponente può risolvere il contratto di agenzia quanto riscontra nell’agente:
- una grave violazione nello svolgimento della propria attività di promozione di affari e/o contratti in maniera stabile e continuativa e del relativo obbligo di esclusiva;
- una grave inadempienza nel conseguimento del quantitativo minimo degli affari, stabilito dalle parti nel contratto (ove operi una clausola di raggiungimento di specifici target minimi);
- l’«appropriazione indebita» di quanto incassato per conto del proponente.
In questo caso, oltre a non essere previsto l’obbligo di preavviso, all’agente non è dovuta l’indennità di fine rapporto (di cui altrettanto ne parleremo in un prossimo intervento).
La clausola risolutiva espressa
Nel contratto di agenzia le parti possono decidere di inserire una clausola risolutiva espressa che consenta, ove si riscontri uno specifico inadempimento a carico di una delle parti o si verifichi una determinata situazione, la risoluzione di diritto del rapporto di lavoro con effetto immediato.
Tale clausola – disciplinata dall’art. 1456 c.c. – prescinde dalla valutazione del livello di gravità dell’inadempimento (di competenza del giudice), in quanto questa verifica viene effettuata dalle parti già al momento della stipula del contratto.
In sede negoziale, in sostanza, le parti decidono che, al presentarsi di una particolare situazione o inadempimento di una parte, l’altra possa dichiarare la risoluzione del contratto. Pertanto, in caso di contenzioso, il giudice dovrà valutare solamente:
- l’esistenza dell’inadempimento prescritto nella clausola risolutiva;
- a chi sia imputabile (art.1218 c.c.);
- e confermare la risoluzione del contratto già dichiarata da una parte.
Quali sono le conseguenze della risoluzione del contratto per l’agente e per il proponente?
Vista l’ampiezza del tema, di questo ne parleremo nel nostro prossimo contributo.
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