Carrà Gaini

Il contratto di affitto d’azienda: guida alle operazioni straordinarie

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Vi presentiamo una serie di sei articoli su una delle possibili operazioni straordinarie nella gestione di impresa: l’affitto di azienda o di un suo ramo.

L’intento di questa breve guida è fornire i vantaggi e i rischi dell’affitto d’azienda, con particolare attenzione:

  • alle clausole contrattuali più specifiche;
  • ai problemi che si possono verificare in corso di esecuzione;
  • ai rapporti di lavoro.

Le operazioni straordinarie oggi

Perché un imprenditore può trovarsi ad affrontare operazioni straordinarie, o semplicemente deviare dal proprio ordinario? E prima ancora, cosa è ordinario o straordinario, oggi?

«Straordinario e ciò che esce dall’ordinario, dal solito, dal normale o dal comune, che ha carattere speciale e temporaneo o puramente accidentale, oppure si aggiunge in particolari circostanze e occorrenze a ciò che è ordinario consueto».

E dunque si potrebbe dire che è straordinario ogni fatto o atto che si scosta da ciò che, in un determinato contesto o tempo, è considerato ordinario (oggi – in epoca Covid – rispetto ad un anno fa, sembra essere diventato un fatto straordinario poter andare al cinema o a cena).

Nel diritto – di cui ci occupiamo – potremmo individuare come ordinario tutto ciò che è codificato, consuetudinario, o di prassi; straordinario ciò che esula dalle consolidate attività.

Operazioni straordinarie nel Diritto societario

Avvicinandoci al tema dei seguenti articoli, per il diritto societario sono straordinarie quelle operazioni che non rientrano nella gestione corrente.

Come possiamo menzionare:

  • il trasferimento del controllo dell’impresa, definitivo nel caso delle cessioni o momentaneo, come – appunto – nel caso dell’affitto;
  • un cambio della titolarità dell’azienda per la vendita o l’alternanza dei capitali dominanti;
  • la modifica della forma giuridica;
  • la liquidazione in vista della chiusura;
  • un’aggregazione con un partner o un competitor, come nel caso della fusione;
  • lo sfruttamento tramite un terzo di un asset o di un ramo della azienda, attraverso l’affitto.

E anche qui potremmo azzardare che la separazione tra ordinario e straordinario sta diventando labile.

Necessità di una scelta strategica

In senso atecnico, negli ultimi anni le operazioni straordinarie sono piuttosto ordinarie.

Infatti, sempre più aziende, s’imbattono nella necessità e conseguente scelta strategica di un’aggregazione con nuovi partner.

Questo per consolidare o affrontare nuovi mercati attraverso il meccanismo della fusione o acquisizione.

L’azienda esprime certo il valore economico del suo segmento di riferimento, ma è anche inserita in un più ampio contesto socio-economico rappresentato dallo spazio-tempo in cui (inter)agisce.

L’economia dell’attuale spazio-tempo ha radicalmente rinnovato la propria grammatica e abbandonato gli ormai desueti paradigmi novecenteschi (su cui e con cui siamo cresciuti).

Non è certo più pensabile oggi una crescita aziendale solo per linee interne e di continuità generazionale.

Le velocità vettoriali, le necessità di costante rinnovo dimensionale, la complessità e la trasversalità anche culturale delle attività attuali, impongo interventi gestionali non sempre allineati ai tempi naturali di crescita e alla consolidata struttura dell’imprenditore.

Operazioni societarie come strumento di crescita

Ecco dunque che le operazioni societarie allora straordinarie, diventano ora un ordinario strumento di crescita (per linee esterne), funzionali a sostenere le esigenze di mercato e di sviluppo o continuità aziendale.

In questo ambito tra gli strumenti più “(stra)ordinari”, come le fusioni o le acquisizioni, ormai di consolidata prassi, può apparire utile valutare anche un contratto che mantiene ancora una certa straordinarietà per l’uso particolare che ne viene fatto: l’affitto di azienda.

Per questo abbiamo deciso di soffermarci e anche noi dedicare un po’ di straordinaria attività editoriale, ricavata dalla nostra esperienza professionale e dal nostro Know-How.

E così, dopo una veloce definizione introduttiva, cercheremo di richiamare le highlights del contratto di affitto di azienda per fornire una guida pratica delle sue caratteristiche.

Sei appuntamenti settimanali: ogni martedì un argomento per definire in sei puntate il contratto di affitto di azienda.

Questo lo schema del nostro progetto, che confluirà in un @book scaricabile a richiesta:

I parte) Andata

  • La nozione di azienda
  • Affitto e usufrutto dell’azienda
  • Il contratto d’affitto d’azienda
  • Trasferimento d’azienda e lavoro

II parte) Ritorno

  • La patologia nel contratto d’affitto d’azienda e il fallimento
  • La retrocessione

Senza pretesa di completezza, ma con approccio pragmatico, contiamo di condividere la nostra esperienza per fornire almeno delle basiche informazioni e degli spunti utili ad una scelta strategica.

Una scelta da calare ovviamente poi nella realtà e necessità soggettiva dell’Imprenditore, con il rispetto e protezione di quello che oggi è diventato nell’ordinario, un mestiere eroico.

Viaggio nelle operazioni straordinarie

Iniziamo qui il nostro viaggio all’interno delle operazioni straordinarie con la nozione di azienda e ramo d’azienda, quali essenziali strumenti di esercizio dell’impresa.

CAPITOLO I:

LA NOZIONE DI AZIENDA

Cos’è l’azienda?

L’azienda è lo strumento materiale, necessario e indispensabile, per l’attività dell’imprenditore[1], è il motore di ogni impresa, quale sistema di forze economiche finalizzate allo sviluppo del processo di produzione.

L’azienda è definita dall’art. 2555 c.c. come “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa[2]

I beni che compongono l’azienda devono essere tra loro organizzati con l’obiettivo di esercitare l’attività di impresa.

Da cosa può essere composta un’azienda?

Il concetto di azienda è dinamico, data la sua complessità[3], e va letto nel senso di un’entità di:

  • beni materiali (beni immobili, beni mobili registrati, impianti, attrezzature e altri beni strumentali, materie prime, semilavorati, prodotti finiti e merci ecc.);
  • beni immateriali (ditta, insegna, brevetti industriali, marchi ecc.);
  • rapporti giuridici (con il personale, gli agenti, i rappresentati ecc.);
  • crediti e debiti, risorse, organizzati dall’imprenditore per l’esercizio di una specifica e ben individuata attività.

Non è, peraltro, necessario che l’imprenditore sia il proprietario di tali beni, essendo irrilevante il titolo giuridico che conferisce la facoltà di utilizzo.

È invece fondamentale che i beni che compongono l’azienda siano tra loro organizzati e siano finalizzati all’esercizio dell’impresa (c.d. scopo funzionale).

La nozione di azienda non s’identifica esclusivamente con l’intero complesso di beni organizzato dall’imprenditore, ma può essere ristretta ad uno specifico segmento, nucleo di attività interna alla stessa, la cui organizzazione è in sé autonoma.

Da qui, la nozione di ramo d’azienda, inteso come quel complesso di beni che, pur facendo parte di un insieme omogeneo più vasto, è idoneo a dar luogo ad «un’articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata» sotto il profilo operativo (cfr. art. 2112, comma 5, c.c.).

Quindi cos’è in concreto un ramo d’azienda?

Il ramo d’azienda, al pari dell’azienda, è un’attività economica organizzata e funzionale, nella quale il termine “organizzata” è:

  • sia un modo di essere dell’attività;
  • sia espressione della necessaria esistenza di un’organizzazione strumentale al raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’imprenditore (la produzione o lo scambio di beni e servizi).

L’individuazione del ramo non è tuttavia così scontata ed immediata.

Per semplificare, possiamo dire che anche solo pochi beni possono costituire un vero e proprio ramo d’azienda, qualora questi costituiscano un’organizzazione strumentale funzionalmente autonoma.

Ma un ramo d’azienda non deve essere necessariamente costituito solo da beni.

Ramo d’azienda: non solo beni

Infatti, esso può essere costituito anche da un gruppo di lavoratori che possiedano peculiari e consolidate esperienze e un know how professionale, al punto da rappresentare:

– «un qualificato supporto organizzativo tale da integrare un servizio autonomo e oggettivamente rilevante, nonostante l’assenza di elementi materiali e patrimoniali» (cfr. Trib. Milano, 12/2/2008).

– «un’entità economica che persegua un proprio obiettivo e che sia sufficientemente strutturata e autonoma» (cfr. Cass. civ., sez. lavoro, 18/10/2011, n. 21484).

Al contrario, non può essere considerato un ramo d’azienda un complesso di «uno o più beni considerati nella loro individualità giuridica», qualora non sia «un insieme organicamente finalizzato all’esercizio dell’attività d’impresa» (cfr. Cass. civ, sez. V, 12/12/2018, n.32085).

Tale situazione integra la mera cessione di beni strumentali.

È stata parimenti riqualificata cessione di contratti di lavoro, «il trasferimento ad altra impresa di lavoratori addetti ad una struttura aziendale priva di autonomia organizzativa e caratterizzata dall’estrema eterogeneità delle funzioni degli addetti, insuscettibile dunque di assurgere ad un’unitaria “entità economica”» (cfr. Cass. civ., 4/12/2002, n.17207).

E’ dunque l’insieme organico la connotazione dell’azienda.

L’azienda ed i suoi rami possono essere titolari sia di diritti sia di negozi giuridici e, così, oggetto di circolazione[4] nel suo insieme funzionale ed autonomo, unitamente ai beni e ai rapporti che ne fanno parte.

Oltre ai noti fenomeni traslativi di proprietà:

  • per effetto di un atto tra vivi (vendita o donazione) o
  • per causa di morte (cioè per successione ereditaria),

è anche possibile trasferire il semplice godimento dell’azienda, tramite un contratto di affitto o di usufrutto – di cui ci occuperemo specificatamente nel secondo capitolo.

Queste le doverose premesse che introducono la presente serie di articoli sul trasferimento dell’azienda o di suo ramo.

Nel seguito evidenzieremo le questioni più rilevanti e le peculiarità ricorrenti, che è utile conoscere per ogni opportuna valutazione, soprattutto per evitare inciampi che possano pregiudicare l’operazione.


[1] È considerato “imprenditore” colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (art. 2082 c.c.).

[2] Il concetto di azienda deve essere tenuto distinto da quello di impresa. Infatti, l’impresa è un’attività economica, mentre l’azienda è un complesso di beni che sono destinati all’esercizio dell’attività di impresa.

[3] Cfr. ex multis, Cass. civ., sez. I, 13/06/2006, n.13676; Cass. civ, sez. II, 27/03/1996, n. 2714.

[4] Con la circolazione dell’azienda si trasferiscono contestualmente anche tutti i beni e i rapporti che della stessa fanno parte, senza bisogno di specificarli in dettaglio. Semmai, sarà necessaria un’indicazione analitica per escludere specifici beni o rapporti, purché il loro difetto non comprometta l’esercizio dell’impresa.

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