Contraffazione e concorrenza sleale sono due fenomeni differenti, che spesso si sovrappongano, per continenza, in quanto l’una è strumento e fine dell’altra.
In un nostro precedente contributo abbiamo introdotto la disciplina della concorrenza con particolare attenzione su quella sleale; in questa sede ci soffermeremo sulla relazione esistente con la contraffazione.
Contraffazione e concorrenza sleale: presupposti
Gli atti di contraffazione e di concorrenza sleale hanno un forte impatto sull’azienda che subisce l’illecito, in termini economici, di posizionamento nel mercato, e di immagine e reputazione.
Peraltro, illeciti di questo genere possono danneggiare gli stessi consumatori, che acquistano un prodotto contraffatto convinti di acquistare quello originale.
Contraffazione e concorrenza sleale sono quindi due facce della stessa medaglia?
Semplificando, per esigenze di spazio, potremmo osare a dire che la contraffazione è un modo in cui si realizza e manifesta la concorrenza sleale.
La contraffazione è dunque compresa nella più vasta definizione di concorrenza sleale, ed è un di cui dei vari possibili illeciti compiuti al fine di profittare dell’altrui Proprietà Industriale.
Contraffazione e concorrenza sleale di un marchio
Ricordiamo che il marchio ha la funzione principe di contraddistinguere i prodotti o servizi di un’impresa rispetto a quelle concorrenti.
La contraffazione consiste nel commercializzare o produrre beni appropriandosi (illecitamente) della Proprietà Industriale che quei beni manifestano o a cui appartengo. Da ciò la gravità dell’illecito anche a danno del consumatore (vittima spesso inconsapevole).
Perché si possa parlare di illecito però, è necessario riscontrare un’effettiva “confondibilità” tra il marchio registrato, oggetto della contraffazione, e il successivo marchio contraffatto, da verificarsi sulla base dell’”impressione” complessiva (esteriore) che quel marchio provoca sul consumatore.
In particolare, si riconosce un atto di contraffazione, in caso di un uso illecito di un marchio altrui, allo scopo di creare una potenziale confusione nel consumatore.
Di conseguenza, la valutazione del marchio, per accertare la contraffazione, viene fatta sulla base del suo aspetto esteriore nel suo complesso e non in dettaglio.
Accertata la contraffazione, si potrà riscontrare un atto di concorrenza sleale (art.2598 c.c.), solamente se le imprese coinvolte (autrice dell’illecito e vittima dell’illecito) operano nello stesso settore merceologico e verso il medesimo target di clientela.
Qualora inoltre l’atto di contraffazione sia compiuto «con dolo o con colpa, l’autore è tenuto al risarcimento dei danni» (art.2600 c.c.).
Da quanto descritto, indubbiamente si evince che una condotta contraffattoria va a ledere sia i diritti di Proprietà Intellettuale che la concorrenza sul mercato di un’impresa.
Cosa deve fare allora il titolare di un marchio per tutelare il suo diritto di esclusiva e la reputazione della propria azienda?
Come tutelare il marchio dalla contraffazione
Innanzitutto, è bene che il titolare di un marchio proceda alla sua registrazione, così da proteggere subito il proprio segno da possibili violazioni e contraffazioni sul mercato ad opera di terzi.
In questo modo potrà utilizzare il marchio in via esclusiva, vietando con maggior forza ed efficacia a terzi un suo utilizzo illecito (art.20 c.p.i), e sarà maggiormente tutelato anche in sede giudiziale.
Pertanto, se l’imprenditore riscontra una contraffazione o imitazione del proprio marchio, potrà agire in giudizio – con specifici provvedimenti d’urgenza – al fine di interrompere tempestivamente il proseguire dell’attività illecita e procedere poi alla richiesta di risarcimento del danno.
Nel riconoscimento di un effettivo atto di concorrenza sleale, occorre accertare che vi sia effettivamente un rapporto di concorrenza tra le parti attrici della controversia, oltre alla presenza di una condotta illecita atta a sfruttare la creatività altrui e ingannare il consumatore.
Il titolare del marchio, quindi, può essere tutelato da un atto di contraffazione anche tramite un’azione di concorrenza sleale (ai sensi dell’art.2598 c.c.), tramite la quale si richiede al contraffattore di non reiterare la condotta illecita e di non ripeterla in futuro.
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