Per concludere il nostro viaggio all’interno del contratto di affitto d’azienda, non resta che affrontare la patologia determinata dal fallimento.
Può accadere che in corso di affitto d’azienda sia dichiarato il fallimento di una delle parti.
Cosa succede?
Ai sensi dell’art.79 della Legge Fallimentare (R.D. 267/1942), “il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto di azienda”.
L’affitto, quindi, continua con il subentro del curatore nel Contratto, in sostituzione ad uno dei due contraenti.
Ciò però a condizione che il Contratto stipulato sia opponibile ai creditori ed al curatore. A tal fine, il Contratto deve:
- avere data certa anteriore all’apertura della procedura;
- essere stato predisposto nel rispetto delle forme di legge (per come specificato nel nostro precedente articolo).
Viceversa, il Contratto sarà senza effetto nei confronti dei creditori ed il curatore potrà ignorarlo.
La rigidità della norma è attenuata, però, dall’attribuzione ad entrambe le parti della facoltà di recesso, da esercitarsi nel termine di sessanta giorni dalla data di fallimento (come si vedrà al successivo par. III).
Dunque, se il contratto è opponibile, il curatore del fallimento del contraente fallito subentra automaticamente nella posizione di quest’ultimo.
Con la conseguenza che il curatore assume, a carico o a vantaggio della massa, tutti gli obblighi e i diritti nascenti dal Contratto dopo la dichiarazione del fallimento.
Vediamo cosa accade in concreto.
I. Fallimento dell’affittante
La situazione di fallimento della parte affittante è quella di più agevole gestione.
Vantaggi per il fallimento
Il Curatore subentra nel contratto in continuità e il fallimento beneficerà dei seguenti vantaggi:
- prosecuzione dell’incasso dei canoni di locazione e di tutti i flussi provenienti in esecuzione del Contratto;
- custodia dei beni da parte dell’affittuario;
- mantenimento, nella persona dell’affittuario, della conservazione dell’organizzazione aziendale, del suo avviamento e del suo valore dinamico in funzione della massimizzazione dei ricavi della liquidazione;
- salvaguardia dell’unità produttiva nell’interesse generale della massa.
Svantaggi per il fallimento
La prosecuzione tuttavia, se prolungata, può determinare anche svantaggi: fino a quando dura l’affitto, il curatore non può procedere alla liquidazione dei beni inseriti nell’azienda, comprese le scorte di materie prime e prodotti finiti, spettando all’affittuario il diritto di disporne.
Quindi, il curatore potrà anche ritenere di interrompere il rapporto.
Competenza del curatore e rischio di impresa
Infatti, tra i poteri rientranti nella sfera di competenza del curatore vi è la possibilità di avvalersi dell’esercizio provvisorio d’azienda o del contratto di affitto d’azienda.
Quest’ultimo istituto è maggiormente favorevole per la procedura dal punto di vista economico e operativo in quanto, nell’esercizio provvisorio, il curatore assume un vero e proprio rischio di impresa mentre, nell’affitto d’azienda, il rischio della curatela è sostanzialmente connesso all’adempimento dell’affittuario ex art. 2561 c.c.
Può quindi capitare che il curatore, appena accettato l’incarico, si trovi nella condizione di valutare la prosecuzione di un contratto d’affitto d’azienda sottoscritto antecedentemente alla data di fallimento oppure nelle condizioni di stipularne uno nuovo.
La stipula di un nuovo contratto di affitto dell’azienda utile alla conservazione (e non ristrutturazione) del compendio aziendale, in vista della successiva vendita, è disciplinato dagli artt.104 e seguenti L.F.
Ai sensi dell’art.104-bis L.F. il giudice delegato, su proposta del curatore e previo ottenimento del parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l’affitto dell’azienda del fallito a terzi, anche limitatamente a specifici rami.
L’autorizzazione sarà concessa quando risulterà utile al fine della più proficua liquidazione e vendita dell’azienda o di parti della stessa.
La scelta dell’affittuario, ai sensi dell’art. 104-bis L.F., deve essere effettuata dal curatore attraverso una procedura competitiva.
Ai fini dell’assegnazione, il curatore non deve considerare il solo lato economico, ma nell’esame del potenziale nuovo affittuario deve tenere conto della capacità manutentiva degli assets.
II. Fallimento dell’affittuario
In caso di fallimento dell’affittuario, il Contratto prosegue solo laddove il curatore sia autorizzato all’esercizio provvisorio dell’azienda dell’affittuario fallito.
Vantaggi
Dalla prosecuzione del contratto, il fallimento trae il beneficio di evitare la perdita del diritto di utilizzare l’azienda e, insieme, la cessazione immediata dell’esercizio dell’impresa dell’affittuario con conseguenti gravi e spesso irreparabili danni.
Danni che graverebbero sia sul fallito che sull’affittante in bonis, che perderebbe il diritto ai canoni e correrebbe il serio pericolo della perdita dell’avviamento e della potenzialità dell’azienda.
Svantaggi
Non mancano però, anche in questo caso, gli svantaggi: il subentro ex lege impone al curatore del fallito di continuare l’esercizio dell’impresa in una situazione di conclamata insolvenza.
Ciò accade anche in assenza dei presupposti dell’esercizio provvisorio, con gravissimo pregiudizio per i creditori concorrenti nel fallimento, i quali subirebbero le perdite di gestione e l’obbligo di pagarne in prededuzione le spese.
III. La facoltà di recesso per entrambe le parti e l’equo indennizzo
A fronte dei vantaggi e degli svantaggi che la prosecuzione automatica del rapporto di affitto può determinare a loro favore o carico, ai contraenti è concessa la facoltà di recesso ex lege dal Contratto, da esercitare nel termine di sessanta giorni dal fallimento.
Tale facoltà permette alle parti di valutare, in un tempo ragionevole, tra il recesso e la continuazione del rapporto per la durata convenuta, previa comparazione di costi e benefici connessi all’una o all’altra delle due opzioni.
Esercizio del diritto di recesso
Il diritto di recesso ha natura equitativa, essendo previsto in funzione di entrambe le parti per il contemperamento dei confliggenti interessi del curatore subentrante e del contraente in bonis.
Tale fondamento motiva anche il termine previsto di sessanta giorni, per far sì che, al suo decorso, le posizioni vengano cristallizzate.
Diritto all’equo indennizzo
In caso di esercizio del diritto di recesso, il contraente che non ha receduto ha diritto all’equo indennizzo.
L’indennizzo non ha natura risarcitoria, in quanto consiste in una somma di denaro in compensazione alla perdita patrimoniale subita in conseguenza all’esercizio, da parte del recedente, di un atto legittimo.
La quantificazione dell’indennizzo viene svolta sulla base di criteri equitativi e va concordata tra le parti in seguito ad una valutazione comparativa dei rispettivi interessi.
Tale valutazione deve considerare:
- il danno emergente, relativo al pregiudizio derivante dall’interruzione delle lavorazioni in corso, dalle eventuali penalità da pagare a terzi e dall’entità degli investimenti effettuati;
- il lucro cessante, derivante dal mancato incasso degli utili netti che possono maturare nel periodo rimanente di vigenza del contratto.
In mancanza di accordo, sarà il Giudice Delegato a determinare l’importo dell’indennizzo.
Come visto, dunque, il contratto di affitto d’azienda resiste al fallimento di uno dei due contraenti e, nei successivi sessanta giorni, le parti avranno facoltà di valutare l’opportunità di proseguire il rapporto, ovvero di cessarlo, riconoscendo all’altra parte un congruo indennizzo.
Concludiamo qui il nostro viaggio all’interno del contratto di affitto d’azienda con quest’ultimo capitolo, sul tema, come il rapporto d’affitto sopravvive al fallimento.
Ma il nostro compito non termina qui.
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