Spesso, chiamato a difesa di qualche (buon) consigliere di amministrazione, capita di sentirmi dire qualcosa tipo “avvocato, ma io non sono il presidente del CDA, sono solo un consigliere e non ho commesso io i fatti (o le omissioni) contestate, perché ne devo rispondere?”
Ebbene la sentenza del Tribunale di Roma, (n. 8808 del 3 maggio scorso) ripresa dal Sole del 15 agosto, offre uno spunto di riflessione sul perimetro dell’attività che il buon co-amministratore, deve porre in essere per non incombere in responsabilità altrui “di stampo oggettivo” (sto semplificando e calpestando anni di studi – non miei – in materia, non me ne vogliano i dotti: uso l’alibi della sintesi per difendermi da richiami a più rigorose trattazioni).
Il Codice Civile sulla responsabilità di amministratori e consiglieri
Per l’art. 2392 codice civile, gli amministratori delle Spa, sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni del comitato esecutivo o di funzioni attribuite ad uno o più amministratori. In ogni caso gli amministratori, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale. Al pari, in ambito Srl, l’art. 2476 del codice, ci precisa che la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa e, essendo a cognizione che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constare del proprio dissenso.
Sostanzialmente le norme citate (nella loro formulazione post riforma 2003), richiamano sì una responsabilità solidale per gli amministratori delle società di capitali, ma è una responsabilità che può essere interrotta, (rectius: evitata), laddove il buon amministratore, annoti il proprio dissenso da una certa operazione, o dimostri (anche) di aver impedito l’evento. La sentenza richiamata dal Sole 24 del 15 agosto (T. Roma n. 8808 del 3 maggio scorso, su cui ci si riserva un approfondimento non appena si conoscerà nel suo testo integrale), conferma la qualifica colposa di tale responsabilità, escludendo quella oggettiva derivante dal solo fatto del ruolo in sé. A condizione che si sia interrotto il nesso causale dell’evento con il ruolo.
Infatti, se è pur vero, come statuisce la norma, che gli amministratori sono solidalmente responsabili dei danni cagionati alla società, (leggasi soci, ma anche clienti e fornitori), ciò che rileva ai fini della colpa e conseguente responsabilità è l’apporto effettivo dell’amministratore alla causazione dell’evento, ovvero (in sua difesa), la dimostrazione di aver fatto quanto in suo potere per impedire che quell’evento si verificasse e prima, in senso eziologico, quella specifica decisione (poi rivelatasi dannosa) fosse assunta.
Qual’è il modo giusto per manifestare il dissenso?
Meriterebbe poi una trattazione specifica la valutazione ex post o ex ante, del comportamento tenuto dall’amministratore in relazione al danno subito dalla società. Così come sarà da approfondire la modalità non solo formale per manifestare il dissenso: quanto occorre effettivamente mettere in atto per manifestare e dimostrare il dissenso, piuttosto che fino a che punto il mero consigliere può spingersi fattivamente per impedirne gli effetti o ancor prima la commissione di fatti o delibere a danno della società?
La verbalizzazione, lo sappiamo, non è sempre la strada percorribile. Ma è altrettanto vero che, in sede giudiziale, la magistratura riconosce le molteplici possibilità messe oggi a disposizione per comunicare e trasmettere informazioni.
Non escludiamo di tornare in un prossimo approfondimento, ma, se vi sentite in questo tipo di situazione, è bene, comunque, fare due chiacchiere.