Ipoteca giudiziale iscritta da Equitalia su una quota di un bene immobile: quali sono i rimedi previsti dal legislatore a tutela dei comproprietari non indebitati?
Il primo strumento utile ai nostri fini potrebbe essere rappresentato dal c.d. giudizio di purgazione, ossia il procedimento di liberazione dei beni dalle ipoteche.
Con il tentativo di favorire la libera circolazione dei beni, la legge attribuisce al terzo acquirente dei beni gravati da ipoteche la facoltà di liberarli pagando ai creditori (nella fattispecie Equitalia), in luogo dell’intero ammontare dei loro crediti, il prezzo o il valore del bene stesso, indipendentemente dall’integrale soddisfazione dei crediti garantiti. Il prezzo o il valore offerto dal terzo acquirente non potrà in nessun caso essere inferiore a quello stabilito come base degli incanti dal codice di procedura civile in caso di espropriazione (art. 2890, II co., c.c.).
Finché non sia iniziato da parte di alcun creditore il procedimento esecutivo, il terzo acquirente può esercitare la facoltà di liberare il bene dalle ipoteche in qualunque momento, salvo che non sia intervenuto patto contrario. Viceversa, ove sia stata iniziata la procedura esecutiva, il II comma dell’art. 2890 c.c. indica il termine entro il quale è possibile esercitare la facoltà di purgazione: trenta giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento.
Ma come si esercita tale facoltà? Ai sensi dell’art. 792 c.p.c., il terzo acquirente che ha trascritto il proprio titolo, dovrà:
- notificare, tramite ufficiale giudiziario, ai creditori ed al precedente proprietario un atto con cui comunica la volontà di liberare il bene da ipoteca, offrendo contestualmente ai creditori il prezzo stipulato per l’acquisto dell’immobile;
- chiedere, con ricorso al Presidente del Tribunale competente per l’espropriazione, la determinazione dei modi per il deposito del prezzo offerto.
Se non sono state fatte richieste di espropriazione nei quaranta giorni successivi alla notificazione della dichiarazione al precedente proprietario e ai creditori iscritti, l’acquirente, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione, dovrà depositare il prezzo offerto nei modi prescritti dal Presidente del Tribunale e presentare alla cancelleria del Giudice competente il certificato del deposito, il titolo d’acquisto con il certificato di trascrizione, un estratto autentico dello stato ipotecario e l’originale dell’atto notificato al precedente proprietario e ai creditori iscritti.
Trattasi di una soluzione interessante, poiché offrendo un prezzo presumibilmente non troppo alto rispetto al valore di mercato della quota si riuscirebbe a salvare l’immobile e, nello stesso tempo, ad estromettere dalla comproprietà indivisa il soggetto oberato di debiti.
La seconda soluzione prospettabile potrebbe consistere nell’attendere che Equitalia metta all’asta la quota dell’immobile in questione, per poi acquistarla (le quote indivise sono difficilmente appetibili se non per i comproprietari).
Tale ipotesi, esposta al trascorrere del tempo e al maggiorare dei costi, potrebbe rivelarsi conveniente solo in via residuale, in alternativa al giudizio di purgazione.
L’instaurare una trattativa con Equitalia, consistente nell’adeguare la propria offerta alla perizia effettuata sulla quota del bene in questione, configura l’ultima strada percorribile.
Si tratta di una soluzione stragiudiziale esposta alle logiche delle trattative: infatti, nel caso in cui Equitalia non ritenga congrua la prima perizia di parte, essa procede a controperiziare l’immobile con conseguente ed eventuale esborso di denaro ad esclusivo carico del soggetto interessato.